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Debunking Colasio - Ancora sul Museo di Informatica

Debunking Colasio - Ancora sul Museo di Informatica

La Macchina di Statistica, n. 1 del Catalogo del Museo

10 agosto 2020

Ieri il Mattino di Padova e il Gazzettino hanno pubblicato due articoli sul salvataggio della collezione di calcolatori del Museo Didattico di Storia dell'Informatica "Amici dei Tesori del Mondo" FMACU UNESCO, intitolati rispettivamente Dai 2000 computer dimenticati un museo didattico per bimbi, di Roberto Rafaschieri, e In salvo la "memoria" dei computer, di Mauro Giacon.

Entrambi gli articoli riportano in modo piuttosto acritico il punto di vista dell'assessore alla cultura del Comune di Padova Andrea Colasio, il quale ultimamente sembra che abbia preso a cuore il destino del Museo, cioè di questa perla padovana, incastonata in un'altra perla che è l'ex Macello di Via Cornaro, che pochi conoscono (entrambe le perle) e di cui fino a qualche tempo fa nessuno, a parte la CLAC, si interessava.

A dire il vero gli articoli non citano il Museo con il suo nome, che è quello che riportiamo sopra, ma parlano piuttosto - impropriamente - dei calcolatori della "collezione Piva", che è un'espressione che siamo convinti che non avrebbe fatto per nulla piacere al suo principale fautore, cioè proprio Francesco Piva, Segretario Generale della CLAC e presidente del Club UNESCO di Padova fino al giorno della sua scomparsa avvenuta il 6 febbraio 2016: riteniamo profondamente scorretto usare quest'espressione perché essa, lungi dall'esaltarla, di fatto svilisce l'importanza dell'opera dello stesso Francesco Piva: qui argomentiamo il concetto in modo più ampio e puntuale: http://www.clacpd.org/news/2020/museo-fmacu-quando-i-giornali-parlano-della-clac.

In entrambi gli articoli, poi, serpeggia un continuo richiamo a quelle che sarebbero state le vere intenzioni del fondatore Piva, funzionale anche questo - con distorsioni e vere e proprie fake news - non alla ricostruzione storica dei fatti ma alla narrazione dell'assessore.

Chiediamo a tutti i giornalisti e a tutte le testate di chiamare il Museo con il suo nome e di tenere sempre conto del perché chiediamo questo.

Del necessario debunking di questa narrazione ci occupiamo qui di seguito.

Il progetto del Museo non è dell'assessore Colasio

Innanzitutto entrambi gli articoli presentano il "progetto del museo" come un'idea dell'assessore Colasio, come una novità e come se si trattasse del recupero dal nulla di materiale prezioso ma disordinato, nascosto e dimenticato, per farne, grazie ad una sua illuminata intuizione, un museo aperto a tutti.

Innanzitutto non c'è nessuna intuizione dell'assessore Colasio: il Museo Didattico di Storia dell'Informatica "Amici dei Tesori del Mondo" FMACU UNESCO è un'iniziativa preesistente, che risale agli anni Ottanta del secolo scorso e fino al 2001 è stata operativa, ha accolto molte persone di tutte le età e di tutte le competenze, studiosi e appassionai, studenti e alunni in visite guidate, fino a quando la struttura che lo ospitava - la ex Stalla di sosta bovini dell'ex Macello di Via Cornaro, ora in restauro - lo ha reso possibile.

Silvia Basaldella ricorda che nell'anno 2001 "il Museo era pronto al 90% ed eravamo in procinto di effettuare l'iscrizione all'ICOM".

I computer del Museo non erano dimenticati! Ma chi ha lavorato davvero per il Museo?

Se il tesoro di cui stiamo parlando era davvero sconosciuto ai più, infatti tanti padovani non avevano nemmeno idea della sua esistenza, sicuramente non era ignoto alla CLAC, che ha sempre coadiuvato e supportato l'iniziativa del Club UNESCO fin dal suo nascere, e non era ignoto nemmeno al Comune, che ha sempre saputo che l'ex macello era pieno di computer ma non ha mai attuato nulla di concreto per supportare l'iniziativa, nemmeno quando i volontari del Museo chiesero aiuto, negli anni Novanta e Duemila, perché la copertura dell'edificio aveva seri problemi.

L'articolo del Mattino di Padova, in particolare, afferma che i computer erano dimenticati e che il cantiere li ha portati alla luce dopo lo sgombero della CLAC: tra le righe ci sembra che si voglia fare passare l'idea che se i computer erano dimenticati (ma non lo erano!) questo sarebbe colpa della CLAC! Ebbene respingiamo in toto questa accusa gravissima, anche per il motivo contingente che la CLAC non ha mai avuto la disponibilità delle chiavi del Museo, e respingiamo al mittente anche questo modo di fare "giornalismo".

Dopo il primo periodo che va dall'insediamento ufficiale della CLAC all'ex Macello, nel 1980, fino ai primi anni Novanta, in cui l'opera della CLAC era ampiamente riconosciuta e anche sostenuta, in certa misura, dal Comune di Padova - si veda l'assegnazione del contributo del Comune per l'anno 1994 su relazione del vice sindaco Iles Braghetto - il Comune, per quanto ne sappiamo, ha sempre guardato al Museo e alla sua collezione come un inutile fardello di ciarpame di cui sarebbe stato meglio disfarsi. Ma non ha mai osato sollevare il problema concretamente mentre Francesco Piva era in vita. Solo dopo la morte di Francesco, prima nel 2016 e poi nel 2018, il Settore Patrimonio del Comune arrivò ad intimare alla CLAC di sgomberare gli spazi dell'ex Macello dal materiale informatico "di sua proprietà": vedete la risposta della CLAC.

Ora l'assessore Colasio vorrebbe apparire come il deus ex machina, come il salvatore di questo tesoro: nell'articolo del Gazzettino si è perfino fatto ritrarre mentre aiuta a trasportare un computer... Ma fino a qualche tempo fa questo tesoro nessuno se lo filava: se non era per la CLAC, che dal 2018 ne sta discutendo con il Comune e ha letteralmente impedito che tutte le macchine fossero fatte sparire, come il Comune pensava di fare inizialmente, e più di recente è intervenuta in modo deciso con un esposto alla Procura della Repubblica e una diffida, a quest'ora di questa collezione non sarebbero rimaste nemmeno le briciole! Con buona pace dell'assessore Colasio.

Quindi potete vedere che questo tesoro non era affatto dimenticato: diverse persone avevano ben presente la sua esistenza, solo che accarezzavano per esso destini diametralmente opposti.

Se l'assessore vuole davvero onorare la memoria di Francesco Piva, che in entrambi gli articoli è richiamato più volte, deve ricordare il contributo di tutti e in primis il contributo al Museo e all'area intera dell'ex Macello dato dalla CLAC, la quale è tuttora l'opera principale di Francesco Piva.

Il Museo fa capo al Club UNESCO di Padova e alla Federazione Mondiale delle Associazioni, Centri e Club UNESCO (FMACU/WFUCA)

Il tesoro delle macchine del Museo non appartiene all'assessore Colasio, è innanzitutto un patrimonio collettivo, che è proprio ciò che Francesco Piva e i volontari del Club UNESCO di Padova e della CLAC vollero sottolineare, e assicurare per gli anni a venire, facendolo riconoscere dalla Federazione Mondiale delle Associazioni, Centri e Club UNESCO (FMACU/WFUCA): si veda in proposito cosa dichiarava la Federazione nella sua rivista ufficiale Confluences nel numero di maggio - giugno 2000:

il numero di maggio-giugno 2000 di Confluences

L'assessore Colasio negli articoli di ieri non cita mai né l'operazione "Amici dei Tesori del Mondo" né la FMACU, che per Francesco Piva erano invece capisaldi irrinunciabili, e cita la CLAC solo come una realtà al contorno, che non si capisce bene perché esisteva: è l'ovvio espediente di sminuire il valore di tutto ciò che non sembra portare beneficio alla sua narrazione o che non sia da lui controllabile.

Ma la realtà è ben altra cosa e chi disprezza compra: egli infatti continua a "limare" la descrizione del "suo" progetto per l'ex Macello al punto di farlo apparire sempre più simile, a parole, al progetto che la CLAC da sempre propone per l'ex Macello: "...una volta a posto gli edifici potrebbero ospitare 150.000 ragazzi all'anno: dal planetario alla Cattedrale della scienza fino alla biblioteca e alla educazione ambientale nel parco [...] Non una ludoteca ma un museo-laboratorio" (il Gazzettino): ma perché rifare lo stesso progetto della CLAC ma senza la CLAC, senza dire che era il progetto della CLAC? Perché appropriarsi delle buone idee altrui estromettendo dalla scena gli autori originali?

In realtà, se andiamo a vedere cosa hanno realizzato a Verona, siamo convinti che quello che Pleiadi Srl vorrebbe realizzare nell'area sarebbe molto lontano dall'approccio filosofico, sociale e antropologico che ha sempre guidato l'azione della CLAC, con buona pace dell'assessore.

Ma... Forse che lo sgombero della CLAC, attuato senza vergogna nell'anno di Padova Capitale Europea del Volontariato, ha qualcosa a che fare con tutto questo? Forse si doveva fare piazza pulita della CLAC per lasciare l'assessore Colasio agire indisturbato? E il resto dell'amministrazione comunale cosa ne pensa? Aiutateci a capire. Evidentemente questo modo di fare va bene anche al sindaco e agli altri assessori, altrimenti immaginiamo che avrebbero cercato di fare qualcosa di diverso - In particolare deve andare molto bene così all'assessore al Patrimonio Andrea Micalizzi dato che ha accettato di fare il "lavoro sporco" di spingere la CLAC fuori dall'ex Macello, preparando di fatto il terreno allo sgombero di gennaio.

Dopo una breve parentesi, nei mesi scorsi, in cui anche l'assessore Colasio tentò di sostenere che le macchine del Museo erano di proprietà del Comune, ora pare che abbia finalmente accettato anch'egli che la proprietà delle medesime sia del Club UNESCO di Padova - e della FMACU/WFUCA, aggiungiamo noi per completezza di informazione, vedi sopra - perché afferma: "Ci siamo rapportati con i proprietari, il Club UNESCO che condivide il nostro progetto" (sul Gazzettino).

Ora, se da un lato apprezziamo che l'assessore cominci ad accettare l'idea della proprietà UNESCO, dall'altro non possiamo non sottolineare la non lieve mistificazione che egli compie a questo riguardo perché il "Club UNESCO di Padova" che è proprietario delle macchine è il Club UNESCO di Giuseppina Rimini e Francesco Piva, fondato dalla CLAC nel 1989 mentre il club con cui l'assessore afferma di essersi rapportato è il Club per l'UNESCO di Padova che è stato fondato il 7 agosto 2019 (due associazioni diverse, con codice fiscale diverso), che di recente ha trasmesso al sindaco di Padova una bellissima lettera di sostegno all'iniziativa di recupero del Museo.

A scanso di equivoci lo ripetiamo: apprezziamo che l'assessore abbia fatto dietro front rispetto al tema della proprietà UNESCO delle macchine del Museo e siamo molto grati al nuovo Club per l'UNESCO di Padova per il suo interessamento al Museo e all'opera importante della CLAC e del primo Club, solo facciamo notare che i due club sono entità giuridiche differenti e che saranno necessari un minimo di adempimenti formali perché il secondo possa attuare azioni formali o rivendicare proprietà come erede del primo club, se ciò sarà possibile.

Non è un "Museo per bambini" ma un Museo per tutti!

Il Club UNESCO di Padova, dicevamo, fu fondato nel 1989 su iniziativa della CLAC; il suo primo presidente fu Giuseppina Rimini, sotto la cui guida il Club realizzò in pochi anni obiettivi che fino a qualche anno prima erano inimmaginabili, come per esempio ricevere dalla FMACU nel 1993 la delega della Segreteria Internazionale dell'Operazione Amici dei Tesori del Mondo (cfr. ANNE WILLINGS-GRINDA, Membre d'honneur de la Fédération mondiale des associations, centres et clubs UNESCO, Les Clubs UNESCO, des chemins de lumière / Vers une histoire des Clubs, 1947-1996, https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000120450_fre, pagg. 132-133).

L'iniziativa del Museo Didattico di Storia dell'Informatica non fu quindi del solo Francesco Piva, benché questi sia finito per diventarne il principale artefice ma, su ispirazione di Silvio Ceccato, fu un'iniziativa di tutto il Club UNESCO e della CLAC, supportata dal contributo di molte persone: donatori, volontari, obiettori e studiosi. Da esperti di elettronica quali erano, Francesco Piva e i suoi collaboratori si rapportavano spesso ad alto livello con altri musei di Informatica in Italia e all’estero; studenti di elettronica e di informatica, appassionati ed esperti provenienti da tutta Europa si mettevano in contatto con il Club UNESCO e la CLAC ed erano interessati al Museo. Lo scopo non era assolutamente quello di creare solo un "museo didattico per bimbi", come recita il titolo dell'articolo del Mattino e più volte in entrambi gli articoli ci si riferisce ai “bambini” - questo è quanto sembrerebbe che l'assessore Colasio volesse fare oggi con Pleiadi Srl - bensì un Luogo in cui la presentazione e lo studio dei calcolatori potesse dare alle persone, di tutte le età e con qualsiasi competenza, occasioni diverse di riflessione: dall'analisi dei metodi di calcolo (Francesco aveva un repertorio sorprendente di esempi di didattica informatica, pensati per i bambini ma profondamente significativi anche per gli adulti curiosi e a digiuno della materia), all'approccio socio-antropologico all'evoluzione tecnologica, all'esperienza delle persone che le macchine le avevano progettate e di chi le aveva usate, alla riflessione sull'uso consapevole dell'informatica nel mondo contemporaneo (si veda in proposito il progetto ReFUN dedicato al recupero con Software Libero delle macchine del Museo).

Les visites du Musée prévoient des parcours différenciés, de sorte que chaque visiteur soit à son aise, qu'il soit expert ou profane, technicien ou étudiant, enfant ou adulte.

Per ogni macchina veniva preparata una scheda con 3 chiavi di lettura:

  1. tecnologica, con tutte le informazioni tecniche disponibili della macchina, pensate per adulti molto competenti, non certo per i bimbi!
  2. socio-antropolotica, economica e politica;
  3. estetica e aneddotica con riferimenti all'esperienza diretta dei progettisti e/o degli utilizzatori.

Quindi c'era sicuramente l'attenzione per la didattica per l'infanzia ma questa non era la sola proposta perché, come si vede, si intersecava con le altre in un approccio del tutto singolare e originale rispetto agli schemi più comuni e mescolava le carte: la didattica per i bambini veniva utilizzata anche con gli adulti per spiegare i concetti più semplici ma basilari, così come l'esperienza che un progettista o un utilizzatore del computer aveva avuto con una macchina lasciava a bocca aperta adulti e bambini. Si chiama Museo Didattico perché non era solo un’esposizione, ma stimolava l’interesse e trasmetteva dei contenuti, e questo vale per tutti: dagli adulti ai bambini, un vero laboratorio antropologico per le coscienze di ogni età!

"Abbiamo fatto i primi passi verso un'antropologia dell'informatica" scrissero Francesco Piva e Silvia Basaldella nell'articolo su "Confluences".

La Macchina di Statistica

Entrambi gli articoli fanno poi riferimento al supposto ritrovamento della Macchina di Statistica, ovvero il calcolatore elettronico a valvole progettato e realizzato a Padova tra il 1958 e il 1962 dallo stesso Francesco Piva assieme a Giorgio Contin e Giuliano Patergnani ed esemplare numero 1 del Catalogo del Museo. La Macchina di Statistica avrebbe un valore storico-scientifico inestimabile in quanto è il secondo calcolatore a valvole realizzato in Italia dopo la più famosa Calcolatrice Elettronica Pisana e restò in funzione per alcuni anni presso il Dipartimento di Statistica; è citata anche in questo lavoro: https://docplayer.net/55402876-Information-technology-in-italy-the-origins-and-the-early-years.html.

Purtroppo non è andata così.

Se la Macchina di Statistica fosse stata davvero ritrovata, la notizia meriterebbe la prima pagina non solo sui giornali padovani ma su quelli nazionali e il Comitato per il Museo inaugurerebbe un anno di festeggiamenti! Purtroppo l'annuncio non corrisponde al vero perché già nel 2001 della Macchina di Statistica restava ben poco: non era più integra, ne restavano solo pezzi separati; ci risulta che siano stati ritrovati dei pezzi probabilmente dell'epoca ma l'appartenenza degli stessi alla Macchina è tuttora in fase di verifica.

Riguardo la Macchina di Statistica, comunque, segnaliamo all'assessore e a chiunque fosse interessato che il Comitato per il Museo è in grado di fornire diversa documentazione. Riportiamo una rara foto della Macchina:

la Macchina di Statistica

e la copertina dell'abstract presentato alla VIII Rassegna Internazionale Elettronica e Nucleare di Roma del 1961 (n. 557 del Catalogo della Biblioteca del Museo):

G., Patergnani G., Piva F. “Calcolatore elettronico per uso didattico e scientifico.” Abstract from the Proceedings of the VIII Rassegna internazionale elettronica e nucleare. Roma, 1961

Conclusioni

In definitiva, sottolineiamo con forza che se si vuole valorizzare davvero il Museo e la sua collezione questo passa necessariamente per la valorizzazione autentica ed efficace del contributo di tutti quanti hanno operato per e nel Museo Didattico di Storia dell'Informatica "Amici dei Tesori del Mondo" FMACU UNESCO e ancora desiderano fare qualcosa per esso: il Club UNESCO del 1989, la CLAC e l'Operazione "Amici dei Tesori del Mondo" promossa dalla FMACU in collaborazione con l'UNESCO nell'ambito del Decennio Culturale 1988-97, i numerosissimi volontari e gli obiettori di coscienza che prestarono la loro opera gratuita nel Museo per catalogare e riordinare le macchine, che non è possibile citare uno per uno, Alberto Cammozzo con i convegni sull'Uso Didattico dell'Informatica Storica (UDIS) e con il progetto ReFUN assieme a Danilo Selvestrel, ancora la CLAC e il Comitato per il Museo con le sollecitazioni al Comune che facciamo da due anni a questa parte e con le azioni legali summenzionate e, non ultimo, Silvia Basaldella e Amedeo Maddalena per le molte ore di lavoro profuso nelle scorse settimane per mettere in sicurezza le macchine e per la preziosa verifica sul Catalogo che stanno proseguendo tuttora.

In questo elenco non vogliamo dimenticare nemmeno il nuovo Club per l'UNESCO, i volontari di CCR2 - convocati dall'assessore senza tenere in minimo conto l'offerta del Free Software Users Group Padova, consociata della CLAC - che hanno coadiuvato fattivamente Silvia e Amedeo e non vogliamo dimenticare nemmeno l'assessore Colasio stesso che, benché con molto ritardo e con i limiti narrativi che abbiamo stigmatizzato, si sta interessando ad un patrimonio che gli uffici del Comune solo due anni fa volevano smaltire come ferrovecchio (e che lui due anni fa non sapeva nemmeno che esistesse).

Però l'assessore, e con lui tutta l'amministrazione comunale, dovrebbe cominciare a dare a Cesare quel che è di Cesare, come ha sottolineato anche Adriano Menin del Gruppo Speleologico CAI, Consociata CLAC, nella sua lettera aperta: in primis riconoscendo l'opera meritoria che la CLAC svolge all'ex Macello da più di quarant'anni, quindi riconoscendo alla CLAC la paternità di tanti dei contenuti di cui si è appropriato per la sua ipotesi di "progetto" che da mesi va descrivendo, a parole, e da ultimo, ma non ultimo, condividendo fattivamente con la CLAC un grande tavolo di concertazione sul futuro dell'ex Macello, che non può essere delegato a Pleiadi Srl.

Fino a quando l'assessore Colasio pensa che gli elettori padovani prendano tutto per oro colato senza le opportune verifiche?

La sua narrazione, come abbiamo visto, fa acqua da tutte le parti. Riteniamo che sarebbe ora che facesse un salto di qualità, che passasse cioè dal registro sensazionalistico e bufalaro ad una maggiore adesione alla realtà, in funzione di una comunicazione ai lettori e agli elettori padovani più veritiera e autentica e al contempo che cominci a considerare per l'ex Macello ipotesi più realistiche e più rispondenti alle necessità di tutti gli strati della popolazione, anche di quelli che un biglietto di ingresso a pagamento fanno fatica a permetterselo, e quindi alla vocazione pluridecennale di questo Laboratorio Culturale, che è anche un Luogo Antropologico che è sempre stato aperto a tutti e che non può e non deve essere svenduto ai privati.

Da ultimo, ma non ultimo, adesso che le macchine del Museo sono state messe in sicurezza, invitiamo l'assessore Colasio a considerare seriamente che trattandosi di materiale non di proprietà del Comune, come anch'egli riconosce, non può con troppa leggerezza disporne come fosse suo, né può trasferirlo o alienarlo, in tutto o in parte (nemmeno per un "Museo del design") in mancanza del benestare dei proprietari, che sono il Club UNESCO di Padova del 1989 e la Federazione Mondiale delle Associazioni, Centri e Club UNESCO (FMACU/WFUCA).

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